Tramandata di padre in figlio, l'arte della macellazione del maiale nel territorio di Cascia rispetta pratiche tradizionali secolari, che le sapienti mani dei norcini locali rendono vive e attuali. Nell'immaginario collettivo, prosciutto e porchetta prendono la parte leone in tema di moderna lavorazione del maiale. In realtà le cose non stanno proprio così, visto che ogni parte del maiale può essere utilizzata per realizzare almeno un insaccato. Nella società rurale, dopo l’uccisione e la lavorazione dicembrina dell’animale, erano le salsicce a finire per prime sulla tavola contadina, mentre il capocollo poteva attendere fino a primavera data la sua maggiore capacità di conservazione. Le due spallette potevano essere scambiate con altri generi alimentari oppure restavano in cantina fino alla festa estiva della mietitura. Riguardo i quarti posteriori, appunto i pregiati prosciutti, spesso venivano scambiati con maialini nati da poco, da allevare per l'anno successivo.

Oltre a queste specialità, l'arte della norcineria annovera una moltitudine di prodotti prelibati quali il salame corallina, la coppa, il sanguinaccio, il ciauscolo, la lonza, il lonzino, i cojoni di mulo e altri ancora. Vi sono poi gli sfrizzoli, il guanciale, la pancetta senza contare il lardo, un tempo preziosissimo in cucina. Anche il sangue era un ingrediente prezioso. Si usava sia per il frittellaccio (composto da uva passa, mele a fette, cannella e zucchero), che per il sanguinaccio (sangue di porco saltato in padella con sale e pepe) e garantiva un apporto energetico importante nelle dispendiose e faticose giornate di lavoro montano. Attualmente, la crescente attenzione del consumatore nei confronti del benessere animale, ha portato alla riscoperta di metodi di allevamento più tradizionali. Ciò ha condotto a progetti di allevamento semibrado, che garantiscono maggiore benessere agli animali e una qualità delle carni superiore.